Abbiamo incontrato Alpi Endrig nella sua qualità di esperto tecnico agrario, di imprenditore agricolo del nostro territorio e di presidente del Consorzio irriguo Cosina, che ha realizzato un bacino di raccolta acque nella zona del Rio Cosina, utilizzato da ben 25 aziende agricole.
Nel 2015 sono state registrate in Provincia di Ravenna 7324 imprese agricole. Su base annua c’è stato un calo di 88 imprese, ma nello stesso tempo un aumento di imprese a conduzione giovanile, pari al 12,1%. Come giudica questi dati?
“Oggi ci troviamo in una fase di grandi cambiamenti, che riguardano tutta la nostra agricoltura, che si riscontra nella gestione e nella conduzione delle Aziende anche con elementi di continuità fra generazioni, da padre in figlio o figlia, che lasciano ben sperare per il futuro della nostra agricoltura. E’ nello stesso tempo aumentata la maglia poderale in gestione alle singole aziende e c’è una maggior consapevolezza su come lavorare e come essere imprenditori moderni. E’ allora superfluo dire che oggi c’è bisogno di un maggior riconoscimento culturale, politico ed economico della nostra agricoltura.”
A proposito di importanti cambiamenti, quali sono i più significativi proprio dal punto di vista dell’imprenditore agricolo?
“La nostra agricoltura (permettetemi questo termine) è “bella” perché è specializzata, perché ogni attività, ogni investimento, ogni scelta va sempre attentamente ponderata e soppesata con spirito imprenditoriale per produrre in modo giusto e in sintonia con la domanda del mercato, sapendo che la qualità e la varietà del proprio prodotto deve incontrare il gusto del consumatore. Bisogna sempre di più imparare a fare i conti con i nostri terreni, siano essi di collina o di pianura e imparare a gestire le colture sapendo della loro diversa redditività a seconda della natura del terreno e quindi a imparare a collocare colture giuste nel posto giusto, rinunciando a volte anche a desideri o a sogni nel cassetto, che porterebbero però l’imprenditore verso perdite sicure.
In questi anni si è assistito a una importante conversione delle colture, che ha determinato una vera e propria svolta nella produzione di frutta, come nel caso delle pesche e delle nettarine, che per anni sono state il perno della produzione locale sia come volumi che come redditività. Successivamente queste colture hanno scontato una crisi determinata anche dalla competizione in termini di prezzo e da tipologie apprezzate dai consumatori e dal mercato, portata avanti dalla Spagna.
Oggi, ed è questo il dato positivo, siamo di fronte a produzioni di pesche e nettarine dolci, coloratissime, derivate dalla felice sperimentazione, di qualche anno fa, di una pesca, denominata “big top”, che stanno incontrando il gusto dei consumatori, compresi i bambini e che permettono di risalire nelle quotazioni di mercato e di redditività e che soprattutto incontrano l’apprezzamento dei consumatori. Oppure a produzioni di albicocche con un sovra colore rosso della buccia e a più ampio calendario di produzione e colorazione, che al momento spuntano un discreta redditività e sono apprezzate dal consumatore. Tutto questo è stato possibile perché si è fatto ricerca, si sono fatte innovazioni, si sono cercati nuovi incroci, anche grazie a “breeders” per lo più internazionali, che hanno fatto ricerca, sperimentato tipologie nuove, depositato brevetti, marchi, prodotti. Ciò che voglio dire è che oggi l’impresa agricola è un’azienda specializzata, che deve fare i conti con le innovazioni, che deve utilizzare nuove tecniche di coltivazione per rendere le produzioni di qualità, sapendosi organizzare con altri produttori in cooperative o in consorzi di agricoltori.”
Com’è oggi il rapporto degli imprenditori con le cooperative o i consorzi dei produttori?
“Parlando da imprenditore, credo che sia importante per le cooperative far sentire l’agricoltore al centro dell’attività e dell’azione della stessa cooperativa di produttori, con la consapevolezza che c’è una interdipendenza fra produttori e cooperative, che sono chiamate ad attivarsi sul mercato confidando sempre nell’alleanza con l’agricoltore. Informare, spiegare, rendere competente l’imprenditore agricolo che afferisce i suoi prodotti alla cooperativa per la lavorazione e la commercializzazione, credo sia il punto fondamentale di un rapporto che deve essere solido, senza ombre, di chiarezza reciproca.
Compito della cooperativa è la valorizzazione del prodotto conferito, compito del produttore è il conferimento di un prodotto concordato in qualità e quantità. Ci sono esempi importanti da richiamare per capire il valore ed il ruolo delle cooperative di produttori, come quello tanto pubblicizzato oggi in tv, di Opera, un consorzio di 18 grandi Aziende nazionali dell’agroalimentare, di 1000 frutticoltori, con 7500 ettari di terreno coltivato a pere, che promuove un prodotto, la pera, di qualità, coltivato in un’area ben delimitata come quella delle province della pianura padana, tra cui Ravenna, Forlì, Bologna.
Le cooperative e i consorzi di produttori sono chiamati a promuovere innovazione, fare ricerca e sperimentazioni di prodotto, ma anche di processo produttivo, per garantirsi quote di mercato che diano credito ad un prodotto con una continuità di conferimenti da parte dei produttori e di mantenimento di uno stesso livello di qualità. Per questo sono importanti e spesso doverosi gli investimenti da fare, da parte degli imprenditori agricoli, per proteggere il prodotto da certe calamità meteorologiche (le reti antigrandine) o per l’approvvigionamento idrico (i bacini di raccolta e distribuzione delle acque, come per esempio quello realizzato da un cospicuo gruppo di imprenditori nella Zona di Rio Cosina, S. Lucia, Rivalta, Marzeno o in altre zone della nostra collina). Far parte di una cooperativa o di un consorzio vuol dire assumersi un impegno reciproco.”
Oltre al rapporto con le Cooperative o i consorzi c’è spesso un rapporto anche con i Sindacati dei Produttori agricoli. Si tratta di molte sigle, ognuno con una sua bandiera diversamente colorata, o gialla, o verde o bianca, che danno però la sensazione di operare abbastanza distintamente l’una dall’altra…
“Si, questo è vero o abbastanza vero solo in parte, in quanto si cerca spesso un’unione di intenti per specifici obiettivi. Per me i Sindacati degli agricoltori sono importanti anche perché la burocrazia che riguarda l’azione e l’attività dell’imprenditore agricolo è altissima. E’ troppo pressante, quasi soffocante e non sempre chiara e facile da interpretare, per cui l’azione dei Sindacati degli imprenditori agricoli, per me, è necessaria per velocizzare pratiche, per compilare moduli, per regolarizzare richieste, per conoscere nel dettaglio i bandi regionali. Molto apprezzati sono inoltre alcuni interventi fatti che valorizzano il legame importantissimo tra prodotti agricoli e territorio, valore aggiunto riconosciuto dai consumatori. Poi, è questa una mia opinione, tra i Sindacati agricoli c’è chi è più propenso a essere indipendente e autonomo, chi invece vede nelle alleanze un valore aggiunto per la stessa agricoltura.”
Fondamentale per lo sviluppo della nostra Agricoltura è il ruolo della Regione e dei Piani di Sviluppo rurale. Viene da chiedere come funziona la filiera Regione-Territori, la filiera Regione-Unione dei Comuni, o meglio qual è il coinvolgimento delle Istituzioni a livello locale per promuovere il valore del lavoro agricolo, dell’agricoltura del Territorio…
“La nostra Regione ha promosso in questi anni un Piano di Sviluppo Rurale che ha contribuito a cambiare la nostra agricoltura, a sviluppare quella “cultura imprenditoriale” necessaria per fare oggi l’agricoltore. Ha promosso innovazione e ricerca di soluzioni nuove per favorire il lavoro e l’impresa agricola. Certamente la filiera Regione-Istituzioni locali è ancora debole o poco realizzata, anche perché il rapporto di rappresentanza dei Sindacati degli agricoltori o delle stesse Cooperative di produttori è spesso diretto con la Regione. Certamente nei Territori le Amministrazioni comunali o meglio le stesse Unioni dei Comuni potrebbero attivarsi di più perché la terra, il lavoro agricolo è un valore troppo importante per l’economia di un territorio come il nostro. L’agricoltura è la seconda manifattura del nostro territorio per impiego di persone, per l’indotto che porta con sé, per l’immagine che tutti hanno della Romagna, della cura del suo territorio, certamente vocato all’agricoltura. La Regione è il nostro motore, quella che ci può aprire rapporti con l’Europa, quella che può migliorare le nostre conoscenze e competenze, anche con l’organizzazione di corsi di specializzazione.”
Lei si sente un agricoltore che ha fiducia nel futuro della agricoltura, diremmo “ottimista” per quanto riguarda le sorti della nostra agricoltura, quella del nostro territorio faentino?
“Io ho fiducia in un’agricoltura che si sta specializzando sempre di più, che è attenta alle innovazioni, che è capace di regolare con metodo la sua attività e la scelta delle colture, che non ha paura di cambiare, di confrontarsi con le richieste del mercato e dei consumatori, che sono in evoluzione e che costituiscono comunque un punto di riferimento ineludibile. Credo che oggi siamo in presenza di agricoltori bravi, preparati, appassionati del proprio lavoro, che conoscono il valore della formazione, dell’aggiornamento continuo e della specializzazione colturale. Che sono capaci di curare i particolari fino a farli diventare un valore aggiunto per migliorare le proprie colture, il prodotto del proprio lavoro. Che sono capaci di dare risposte rapide alle richieste di un mercato in continua evoluzione per sostenere la vita della propria Azienda. Oggi l’agricoltore è a tutti gli effetti un imprenditore, per questo dico che deve stare al centro del processo produttivo in agricoltura e di questo occorrerebbe avere maggior consapevolezza.”