E’ da due anni che è partita la “Buona scuola”, preparata da un anno di incontri, di dibattiti, di aspettative.
Ad oggi si può fare un primo riscontro limitato alle luci e alle ombre che si possono intravedere da un campo di osservazione come quello della Scuola, in particolare della Scuola primaria (scuola elementare).
80000 insegnanti di ruolo
Nella Riforma della “Buona scuola” del Governo Renzi ci sono aspetti importanti e non trascurabili, come l’immissione in ruolo (al momento di circa 80.000 insegnanti) di persone uscite da una pluriennale situazione di un lungo lavoro precario, ma anche di persone che oramai avevano fatto altre, se non opposte, scelte lavorative e si sono trovate dentro una classe senza una preparazione adeguata ed un minimo di formazione.
Luci ed ombre, appunto, soprattutto se guardiamo i diritti degli alunni ad un buon insegnamento. Con questa immissione in ruolo di insegnanti si è potuto assegnare alle Scuole docenti (uno o due per le scuole con un elevato numero di classi) per interventi didattici mirati e rivolti a bambini e bambine con qualche difficoltà o per progetti di una certa rilevanza formativa.
E’ bastata una supplenza
Si sono attivati laboratori e gruppi di apprendimento destinati a potenziare conoscenze o competenze che però non sempre hanno potuto godere della necessaria continuità didattica, perché è bastata una supplenza, o una serie di supplenze, per destinare questo personale ad altro, a sostituire colleghi assenti e interrompere o, addirittura, a non iniziare un lavoro programmato a puntino.
Luci e ombre, appunto, perché ciò che si è scritto o programmato sulla carta con tanto di aspettative di bambini e bambine e di famiglie, di fatto non si è avverato.
Anche oggi, a due anni dall’avvio della Riforma, siamo rimasti ad una formazione degli insegnanti in servizio che possiamo chiamare di nicchia, perché si rivolge solo agli insegnanti più interessati, dimenticando la moltitudine, ed in particolare, quelli immessi in ruolo senza nessuna formazione pregressa.
La riprova di questo la si può avere anche ascoltando la voce dei genitori, che poco o nulla sanno o hanno capito della Riforma della Buona Scuola, se non ciò che dicono i media televisivi, ovvero che “molti insegnanti sono stati immessi in ruolo” e solo in minima parte sono in grado di percepire quella qualità degli insegnamenti che sta comunque prendendo via via sempre più piede.
Sulla buona strada
Ciò di cui si è parlato poco finora, forse perché fa poca audience discuterne e perché non appartiene del tutto alla “buona scuola” (l’atto di nascita è il 2010), ma che la “Buona scuola“ ha contribuito a sostenere e a rinforzare, sono stati l’insegnamento innovativo e attrattivo della matematica, della lingua inglese e delle nuove tecnologie informatiche. Le esperienze didattiche che si stanno progressivamente diffondendo sono di grande valore formativo e lasciano intravedere il possibile divenire di una classe di insegnanti dall’alto profilo culturale, pedagogico e didattico, quasi a riprendere una Storia passata, che per cicli ha caratterizzato, in questo caso, il passato anche recente della Scuola elementare.
In particolare la didattica della matematica è e dovrà continuare ad essere al centro di un impegno formativo (la formazione degli insegnanti) che darà certamente buoni frutti, in un paese che “non ha mai amato” l’educazione logico-matematica, scientifica e tecnologica. La strada che si sta percorrendo è quella giusta, anche se avrà bisogno di tempo per poter coinvolgere una percentuale sempre più alta di insegnanti attratti dal potenziale di insegnamento delle nuove tecnologie, ma soprattutto dall’interesse, dalla curiosità e dalle motivazioni dei bambini e delle bambine di questo tempo verso le nuove didattiche e i nuovi strumenti di comunicazione audio visuale.
Su questo versante, nonostante qualche criticità, possiamo perciò parlare di luci, di nuove opportunità, di una scuola che guarda al futuro con la speranza di recuperare ritardi non più giustificabili (soprattutto in campo matematico e scientifico) e soprattutto quell’impegno culturale, pedagogico e didattico, che da sempre ha caratterizzato la scuola italiana.
Si sta perdendo il senso della collegialità didattica
Ciò che in questa storia della “Buona Scuola” si sta invece perdendo, è il senso della collegialità e della corresponsabilità del gruppo dei docenti che operano in una scuola, in un plesso o in una classe a fronte di un rapporto Dirigente-Insegnante/Insegnanti sempre più individualistico, autoreferenziale e soggetto a misurazioni o a valutazioni delle performances e del merito individuale, che spesso snaturano o sono destinate ad alterare il clima di socialità e di collegialità che si dovrebbe respirare in una Scuola.
Il Bonus economico: una scelta poco lungimirante
L’idea di un “bonus” economico, premiante, da assegnare in maniera selettiva e limitata ad un ristretto gruppo di insegnanti che ne devono fare domanda, è stata una mossa improvvida e poco lungimirante. Se “premiare” qualcuno ha un senso, purtroppo non lo ha il “non premiare altri” (una squadra, un gruppo, un consiglio di classe, un plesso). Aver enfatizzato il ruolo giudicante di un Dirigente scolastico, spesso impegnato a dirigere due Scuole, a presiedere innumerevoli riunioni, ad adempiere compiti sempre più amministrativi e burocratici, ha snaturato una Scuola che da “buona” si potrebbe fare debole, matrigna, destinata a diventare autoritaria, ma non autorevole e sempre più propensa all’isolamento, sperperando quelle risorse e quelle prospettive di una Scuola che vuole guardare al futuro, come abbiamo visto prima (matematica, nuove tecnologie, formazione del personale ecc.).
Qui le ombre si fanno decisamente più numerose delle luci. Pensare alla Scuola come un ambiente di relazioni dirette fra Dirigente scolastico e Insegnante non è per niente funzionale e produttivo per una scuola e una comunità che si vorrebbe “educante”. Non lo è perché la ricerca o l’indicazione della “perfezione” o del “merito specifico” (il bravissimo insegnante, il bravissimo Preside) non appartiene a questo mondo, perché tende a escludere e non a includere, a dividere piuttosto che a unire, a rendere durevoli situazioni transitorie.
La strada della “buona scuola” ha bisogno, fin da adesso, di qualche importante correzione, poco propagandistica, ma molto autorevole dal punto di vista degli obiettivi che deve raggiungere e delle relazioni positive fra persone, che deve conservare.
P.S. Per finire un grazie particolare alle Insegnanti di Scuola Primaria (tutte brave) del nostro Territorio faentino, che in una amichevole “tavola rotonda” hanno voluto rendere viva la voce della Scuola, attraverso il senso di un impegno professionale encomiabile.
Il presente resoconto è chiaramente frutto della interpretazione degli estensori di “iograffio.it”.